Il periodo pandemico ha portato cambiamenti in moltissimi settori. Alcuni sono stati forzati, mentre altri semplicemente accelerati. Questo fenomeno ha toccato da molto vicino anche il mercato immobiliare, dove il Covid-19 ha permesso la riscoperta delle periferie. Facciamo insieme il punto della situazione su questo nuovo trend che dovrebbe consolidarsi nei prossimi anni.
Le trasformazioni del post Covid
Il periodo successivo al Covid-19 sta avviando profonde trasformazioni in campo lavorativo, sociale e familiare. Gli anni 2020-2021 hanno visto uno stallo del mercato immobiliare, dato però dalla nascita di nuove esigenze. Questo è il motivo per cui c’è stata una vera e propria esplosione di ricerche di soluzioni indipendenti, quali rustici, ville e villette.
Questo dimostra un maggiore interesse rispetto al passato verso l’autonomia abitativa, quindi nel voler vivere più apertamente i propri spazi. Basti pensare che nel 2019, anno antecedente alla pandemia, le dimensioni più ricercate erano quelle da 51 a 100 mq. Al terzo posto c’era la “taglia” 21-50 mq. Nel 2021, però, le cose sono cambiate.
Il terzo gradino del podio, infatti, è stato sostituito da soluzioni 151-250 mq. Un cambio radicale e innegabile, una sorta di effetto pandemico giustificato anche dalle nuove necessità in fatto di smart working, che ha riportato moltissime persone a vivere nei borghi.
Smart working o ufficio?
Ora che finalmente gli effetti della pandemia iniziano a diminuire, o quanto meno a essere sotto controllo, viene da chiedersi che fine farà lo smart working, uno dei fattori che come detto in precedenza ha maggiormente contribuito al ritorno nei borghi e nelle periferie di moltissime persone. La risposta al quesito sembra oramai già scritta.
Nonostante si tratti di un ambito da regolamentare meglio e con più precisione, per tutelare sia le imprese che i lavoratori, ad oggi solamente il 6% delle aziende dichiara di voler ritornare alla situazione pre Covid-19, quindi all’ufficio tradizionale. E gli stessi uffici con ogni probabilità cambieranno pelle, preferendo gli spazi aperti alle scrivanie.
Tutte queste previsioni non fanno altro che confermare quella che per molti oramai è una certezza. Nei prossimi anni, seppur in maniera graduale, assisteremo a un parziale “svuotamento” dei grandi centri abitati, in favore delle periferie. Inizialmente le esigenze di spazio, infatti, erano giustificate dal distanziamento sociale necessario per arginare la pandemia.
In altre parole, le persone hanno scoperto quali sono i vantaggi di una soluzione ampia e indipendente in periferia, spesso proposta a prezzi nettamente inferiori rispetto ad abitazioni cittadine piccole e scomode. D’altronde i dati parlano chiaro: nell’acquisto prima casa, ad oggi, sono privilegiate le formule che prevedono uno spazio esterno come quello di un giardino.
Perché questa scelta? La risposta è abbastanza semplice. Nonostante il periodo peggiore della pandemia sembri oramai un lontano ricordo, la paura che possa esserci una regressione è ancora presente e tangibile. Ciò significa che nessuno intende ritornare ai tanto odiati soggiorni forzati tra le mura della propria casa, una condizione che per molti, ancora ad oggi, sta avendo serie conseguenze.
Proprio per tali ragioni si è disposti ad abbandonare le tanto amate città per trasferirsi in periferia, e probabilmente anche per mantenere i ritmi rallentati che hanno caratterizzato il periodo pandemico. Mare, montagna, laghi o più semplicemente le zone più prossime ai nuclei urbani sono diventati i luoghi più ricercati per trasferirsi e rimanerci per i prossimi anni.