Per milioni di persone il mutuo rappresenta l’unica soluzione possibile per comprare casa o ristrutturarla. Si tratta di un finanziamento concesso ad un soggetto dietro presentazione di alcune garanzie. Quest’ultimo si impegnerà a restituire il denaro prestato pagando le rate previste dal piano di rientro, che comprendono sia la quota capitale che gli interessi maturati. Esistono diverse tipologie di tasso di interesse dei mutui, quindi nelle prossime righe vedremo insieme come scegliere.
I tassi di interesse
Il tasso di interesse rappresenta un fattore molto importante nella valutazione e nella scelta del tipo di mutuo. Questo perché non è altro che il costo che un mutuatario dovrà pagare alla banca per aver ottenuto in prestito del denaro. Ciò significa che minore sarà il tasso d’interesse, tanto più basso sarà il costo del finanziamento e viceversa.
Esistono diverse tipologie di tasso d’interesse, e il cliente ha la possibilità di scegliere tra quelli proposti, ma quello scelto dovrà essere definito nel momento della stipula del contratto. Al momento i tassi più utilizzati sono fisso, variabile, misto e misto Cap. Prima di comprenderne le differenze, però, è opportuno fare chiarezza su due sigle molto importanti: Tan e Taeg.
Con la prima si fa riferimento al Tasso Annuo Nominale, e corrisponde appunto alla quota di interessi che il mutuatario pagherà alla banca su base annua. Il Taeg invece, ovvero Tasso Annuo Effettivo Globale, include sia la quota di interessi, che tutte le spese accessorie, come quelle di istruttoria, apertura pratica, incasso rate, di assicurazione e altre ancora. Si tratta, quindi, del costo reale del mutuo.
Tasso fisso o tasso variabile: quale conviene?
La risposta al quesito in oggetto è: dipende. Non è possibile, infatti, determinare una convenienza assoluta per qualsiasi soggetto, perché molto dipenderà dalle caratteristiche del mutuatario. Il tasso fisso prevede il pagamento di rate di uguale importo per tutta la durata del piano di ammortamento. Ciò significa che il mutuatario saprà sempre con precisione a quanto ammonta l’esborso mensile.
Si tratta della scelta maggiormente indicata per chi non vuole “sorprese” ed è consapevole che un aumento della rata potrebbe provocare dei problemi nel budget familiare. Il tasso variabile, invece, potrebbe risultare più vantaggioso, magari in uno stadio iniziale, ma è anche più rischioso perché segue l’andamento del mercato. Cosa vuol dire questo?
Che se il tasso dovesse scendere, la convenienza per il debitore aumenterebbe perché dovrebbe pagare per un determinato periodo di tempo rate più basse. Ma è vera anche l’ipotesi opposta. Chiaramente questa scelta è da farsi solamente se si ha la consapevolezza di poter affrontare serenamente un possibile aumento delle quote mensili.
Il tasso misto, come suggerisce il nome, si posiziona a metà strada tra le due precedenti soluzioni. La formula prevede che, a intervalli prestabiliti di tempo, sia possibile passare da tasso fisso a tasso variabile e viceversa. In questo modo si potrà seguire meglio l’andamento del mercato e sfruttarne la possibile convenienza di una “discesa” senza esporsi a rischi eccessivi.
Infine troviamo il tasso variabile con Cap. Il timore di un tasso variabile tradizionale riguarda un possibile aumento eccessivo del tasso di interesse. Con il Cap, però, viene posto un tetto massimo all’importo delle rate, che non potrà essere superato. In questo modo il mutuatario si mette al riparo da aumenti troppo consistenti delle quote mensili che non potrebbe affrontare.