Con la caduta del Governo Draghi, molti sono i temi rimasti aperti e che richiedono una soluzione urgente. Tra questi, vi è il problema del futuro del superbonus 110% e, soprattutto, il nodo della cessione dei crediti. Scopriamo insieme i termini della questione e le possibili soluzioni che l’esecutivo, sebbene ormai in carica soltanto per il “disbrigo degli affari correnti”, potrebbe mettere in campo.
Cessione dei crediti da superbonus: il perimetro del problema
Il superbonus 100% è stato istituito con il Decreto Legge 34/2020 (Decreto Rilancio), allo scopo di stimolare i consumi degli italiani e, più nello specifico, di incentivare le operazioni di recupero ed efficientamento energetico del patrimonio edile preesistente. Il bonus viene riconosciuto soltanto per la realizzazione di un piccolo gruppo di interventi trainanti (in grado di migliorare significativamente l’efficienza energetica dell’edificio), eventualmente accompagnati da un corollario di interventi trainati. L’agevolazione fiscale, pari al 110% dell’importo speso per l’intervento, viene riconosciuta al contribuente sotto forma di detrazione IRPEF in sede di dichiarazione dei redditi, in 5 rate annuali. In caso di incapienza IRPEF o di mancanza di liquidità immediata, tuttavia, la legge prevede anche la possibilità di cedere il credito di imposta ad un istituto di credito o all’impresa che realizza i lavori. In questo modo, il contribuente non deve sborsare nulla per l’intervento e l’intero credito d’imposta passa ad un terzo, cui spetta il compito di recuperare gli importi dall’Agenzia delle Entrate. Proprio qui si trova il punto debole dell’intero meccanismo: sulla piattaforma dell’Agenzia, anche a causa delle continue modifiche all’art. 121 del D.L. 34/2020, sono oggi bloccati oltre 5 miliardi di euro di crediti d’imposta, di cui più di 3,5 miliardi legati, appunto, dalla cessione dei crediti da Superbonus. Da questo derivano le inevitabili conseguenze: banche e imprese edili hanno bloccato o fortemente ridotto l’acquisto dei crediti fiscali e numerose aziende operanti nel settore delle costruzioni, in attesa dei rimborsi da mesi, sono ormai alla canna del gas.
Le soluzioni messe in campo dal Governo
Per tentare di tamponare la situazione, con il Decreto Aiuti (D.L. 50/2022), il Governo Draghi oltre a prorogare la possibilità di accesso al bonus per le case unifamiliari, ha previsto ulteriori possibilità di cessione per gli istituti bancari. In termini semplici, le banche che abbiano già accettato 3 cessioni del credito possono, da ora, cedere a loro volta il credito di imposta ai loro correntisti business. Si tratta, tuttavia, di una soluzione poco efficace. Da un lato, non si vede come la nuova misura possa sbloccare i meccanismi impantanati della piattaforma dell’Agenzia delle Entrate. Dall’altro lato, questa possibilità è percorribile soltanto per cessioni che hanno avuto luogo dal 1° maggio 2022; per quelle avvenute nel primo quadrimestre dell’anno, invece, nulla si muove.
Mentre l’opinione pubblica e le imprese chiedono a gran voce nuovi correttivi in materia, il Governo uscente è impegnato su tanti altri tavoli, altrettanto urgenti e scottanti, e le elezioni politiche incombono. Dalle urne uscirà probabilmente un Governo completamente inedito, che necessiterà di settimane prima di essere completamente operativo; una volta insediato, poi, sarà totalmente concentrato sul DEF e sul varo legge di Bilancio entro la fine dell’anno. L’unica speranza per liberare i crediti bloccati sta in un colpo di coda dell’esecutivo Draghi, che produca una norma ad hoc: una prospettiva non del tutto campata per aria, dato che Draghi stesso ha ammesso di voler razionalizzare il sistema della cessione dei crediti, ridimensionando contestualmente l’entità dell’incentivo fiscale.